Loro


Lei è commessa in un presepe di neon
Guarda le macchine sul viale di periferia
Nessuno entra, nessuno la guarda
Vanno i passanti in un triste Natale
Lei è pallida, ha gli occhi azzurri
Un po’ spaventati, forse non è bella
Ma con grazia ripiega i vestiti non venduti
Dolcemente si annoia, ogni sera dell’anno

Dall’auto lui la vede, nella vetrina appannata
Un colpo di clacson è la sua serenata
Come la prima volta il cuore traballa
Lei ha gli occhi azzurri, forse non è bella
Ma lei è importante per lui
E lui è importante per lei
Anche se i giornali non ne parlano

Lui ha perso già tutti i capelli
Ha la pancia, è sempre vestito male
Guida il taxi in tuta, canta vecchie canzoni
Aspetta per ore sotto vecchi lampioni
Ma ogni notte lei lo aspetta sveglia
Ascolta i suoi passi, guarda i suoi gesti
Mentre un po’ goffo si spoglia
Lui sa di fumo e di benzina
Lei ha un pigiama da bambina
Il letto cigola, e si abbracciano
Lui è importante per lei
E lei è importante per lui
Anche se i giornali non ne parlano

Però stasera vogliono dimenticare
I pochi soldi, il mutuo, le vacanze non fatte
E vanno insieme alla pizzeria Pagoda
Lei ha i tacchi e un vestito fuori moda
Lui ha una camicia troppe volte stirata
E la cravatta con cui l’ha sposata
E ordinano vino, non importa quanto costa
Brindano e si guardano negli occhi
Ridono col cameriere che li tratta da ricchi
E sotto il tavolo lui le tocca il ginocchio
E lei lo provoca, con la spallina abbassata
E hanno ancora un sacco di cose da dirsi
Anche se la vita spesso chiude la bocca
E giorno dopo giorno ti vuole uguale
Lei è pallida, lui vestito male

Ma lui è importante per lei
E lei è importante per lui
Anche se i giornali non ne parlano

Stefano Benni

La notte ha le ore contate

Il Signore viene sempre di notte: nel Natale, nella Pasqua, nella morte. Viene nel dolore, nel dubbio, nella sofferenza, nella malattia, nella vecchiaia, nel peccato, nel deserto, nella solitudine. Solo quando egli appare è giorno: “Per te le tenebre sono come luce”.
La notte la si attraversa sapendo che essa ha sempre le ore contate. La notte è preludio dell’alba. Le gemme non spuntano forse su rami che sembravano morti? Le spighe non crescono da un seme che marcisce?
Che cos’è la Pasqua se non una morte dalla cui sconfitta nasce la vita nuova?
La Pasqua è un accettare di entrare nella morte nella consapevolezza che proprio quando più nessuna mano umana è in grado di tenerci, ci afferrano le braccia del Padre.
Se è vero che ogni uomo ha la sua notte, è altrettanto vero che la notte non ha mai l’ultima parola sulla vita dell’uomo.

Dal web

Sul Giovedì santo

GRAZIE A QUESTA NOTTE, NOI POSSIAMO ATTRAVERSARE LE NOSTRE.

«Sono terribilmente infelice. Se credi che una preghiera possa essere efficace (non scherzo), prega per me e vigorosamente».
Così scriveva Charles Baudelaire a sua madre il 18 ottobre del 1860, dall’inferno spirituale da cui cercò di uscire negli ultimi anni della sua vita.

Ogni uomo ha la sua notte. Ed è proprio in quella notte che trova Dio, perché la notte lo lascia nudo.
Senza risorse.
Solo.

Dalla ferita inguaribile della propria radicale solitudine emerge l’unica preghiera vera, perché è la vita stessa a farsi supplica: voglio essere da Te salvato, perché io da solo, ora che mi conosco, non posso.

Notte di paura e di peccato.
Notte di ogni creatura che si sente scoraggiata per le sue sole fragilissime forze e trova in Dio la sua unica Speranza.
Lui mi salverà!

La creatura si sente come chi sta cercando l’aria sott’acqua dopo essere naufragata.
E Gesù ridona ossigeno.
Ma è un ossigeno pagato a caro prezzo.

Cristo, solo e triste fino alla morte in questa sua notte, chiede compagnia ad altri uomini.
Ma non capiscono.
Ma non si svegliano.
Ma non pregano.
Hanno sonno e paura.
La solitudine di Gesù non è lenita da nessuno, perchè nessun uomo può raggiungerlo in quella notte.

La Parola divina e creatrice berrà volontariamente un calice pieno di male e di morte.
Il sudore è di sangue.

Il Figlio si trova faccia a faccia con il Padre.
Abbà, Babbo, Papino.

L’uomo-Dio ha paura.
Come le sue creature.
Gesù non elimina la paura, ma ci permette di abitarla, perché Lui la conosce.
Lui c’è.
Lui ce l’ha detto tante volte: ‘non temete’.

Un “non temete” che non elimina il nostro tremare di fronte alle difficoltà della vita, alle cadute, agli errori, alla nostra radicale solitudine quando la vita ci frusta.
Ma lui può dirci di non temere, perché ha parlato con Abbà: “ho paura di morire” gli ha detto, ma poi “non sia fatto quello che voglio io, ma quello che vuoi tu”.

Salvami tu, perché io non so come fare, mi fido di te, ora che tutto sto per perdere, i miei si sono addormentati e Gerusalemme brilla nella notte come il più terribile patibolo.
Nelle tue mani mi rifugio.
È la notte della ‘pietà’ che Pascal sperimentò proprio scoprendo che il sudore di sangue di Cristo lo riguardava: «Quelle gocce di sangue le ho versate per te» (Pensieri, VII, 533).

Grazie a questa notte noi possiamo attraversare le nostre, perché solo nella nostra notte impariamo a dire Abbà.
L’unico nome che ci salva dalla notte…
Che spezza la nostra solitudine e ci raggiunge proprio lì dove ci sentivamo irreparabilmente soli e perduti.

Perché solo questa supplica radicale ci porta dritti nel cuore della Misericordia.

Dal web

2024

Io non voglio un anno pieno di cose strabilianti e fantastiche. Voglio un anno finalmente sereno. Fatto di cose piccole, semplici e concrete.
Voglio un anno come quello dei vecchi tempi, dove alzarsi al mattino non era come se dovessimo affrontare un’altra guerra, ma una nuova giornata.
Voglio un anno con più pace, meno dolore e arrabbiature.
Un anno più sereno e vero.

S. Nelli

Luce

Quando trovi il coraggio di raccontarla, la tua storia,

tutto cambia.

Perché nel momento stesso in cui la vita si fa racconto,

il buio si fa luce

e la luce ti indica la strada”.

Ferzan Özpetek

In Dio

Ma quando da morte passerò alla vita,
sento già che dovrò darti ragione, Signore,
e come un punto sarà nella memoria
questo mare di giorni.
Allora avrò capito come belli
erano i salmi della sera;
e quanta rugiada spargevi
con delicate mani, la notte, nei prati,
non visto. Mi ricorderò del lichene
che un giorno avevi fatto nascere
sul muro diroccato del Convento,
e sarà come un albero immenso
a coprire le macerie. Allora
riudirò la dolcezza degli squilli mattutini
per cui tanta malinconia sentii
ad ogni incontro con la luce;
allora saprò la pazienza
con cui m’attendevi, a quanto
mi preparavi, con amore, alle nozze.

David Maria Turoldo

La malattia dell’altrove

Pensateci.
Siamo tutti malati, di un male sottile e persistente.
Una malattia che agisce in sordina, che apparentemente non fa alcun rumore.
Io la chiamo ‘la malattia dell’altrove’.
Siamo sempre in un indefinito altrove:un altro tempo, un altro luogo, altre persone.
Al tavolo con amici e siamo al cellulare a scrivere all’amica (e poi, quando siamo con quell’amica, magari scriviamo a qualcun altro).
Relazioniamo il nostro tempo ad un tempo andato. “Si stava meglio prima”, “quando ero più giovane”, “se solo avessi”, “chissà come sarebbe stato”..
Oppure siamo in proiezioni future. Gli impegni del giorno dopo, le preoccupazioni per il lavoro, l’attesa spasmodica e persistente di una felicità posticipata, sempre, ad un momento “da venire”.
Quando avrò la macchina,
Quando avrò la laurea,
Quando avrò il lavoro,
Quando avrò una relazione,
Quando avrò una casa,
Quando avrò dei figli.
Per poi, inevitabilmente, spostarci in un ulteriore “altrove” quando li avremo ottenuti.
È così che schiacciamo e mortifichiamo ogni giorno il nostro tempo, la nostra vita, il respiro del nostro Adesso.
Un ‘oggi’ che ogni giorno perde energia ed entusiasmo.

Ecco. È un modo eccellente per rendersi infelici, delegando aspettative e vita ad uno spazio “oltre” che ha la consistenza di un puro pensiero.
Domani non esiste. Domani sarà, tra 24 ore, un nuovo oggi. E oggi sarà quello che domani chiamerai ieri. Lo osserverai con nostalgico rammarico e dirai “se solo avessi..”, “chissà come sarebbe stato se..”.
E allora?
Vogliamo ancora prenderci in giro, perdendoci nei meandri degli “altrove” e delle possibilità perdute o scegliamo di agire, oggi?
Ovunque siate, siateci davvero.
Ciascun momento è unico e, croce e delizia, non ritornerà più.
È il vostro tempo, la vostra vita.
Ed è Adesso.

Da Sette Secondi, 2018 Oscar Travino

Per riflettere in questi tempi difficili…

Se solo avessimo la percezione di quanto possa essere salvifica una parola messa al posto giusto, o un silenzio usato nel momento giusto. Se solo avessimo la percezione di quanto alcune parole feriscano a morte e alcuni silenzi pesino come macigni.

Molti di noi passano l’intera vita nel tentativo di disintossicarsi dalle parole sbagliate e di riempire silenzi colpevoli. Specialmente i bambini sono molto sensibili alla musica delle parole. Ne conoscono il peso perché per molto tempo tentano di pronunciarle nel modo giusto. Ma soprattutto le parole che ai bambini si rivolgono, e con cui vengono chiamati, lasciano in loro una traccia indelebile che gli farà compagnia per il resto della vita.

Abbiamo bisogno di sentirci addosso parole liberanti che sappiano dire la verità senza mai trasformarla in giudizio. Abbiamo bisogno di saperci ascoltati, perché il silenzio è lecito solo quando è ascolto e non quando è indifferenza. Le prime armi che dovremmo deporre sono quelle delle parole. Ogni pace si costruisce con la ricerca delle parole giuste.”

𝐋. 𝐌. 𝐄𝐩𝐢𝐜𝐨𝐜𝐨, “𝐏𝐞𝐫 𝐜𝐮𝐬𝐭𝐨𝐝𝐢𝐫𝐞 𝐢𝐥 𝐟𝐮𝐨𝐜𝐨. 𝐕𝐚𝐝𝐞𝐦𝐞𝐜𝐮𝐦 𝐝𝐨𝐩𝐨 𝐥’𝐚𝐩𝐨𝐜𝐚𝐥𝐢𝐬𝐬𝐞”, 𝐄𝐢𝐧𝐚𝐮𝐝𝐢

Mamme

Una madre non è una vecchia felpa da stropicciare e calpestare.

Non è il secchio dove buttare gli avanzi del tempo.

Non è un tempo perso.

Non è la parola vana.

Non è il rimasuglio di un sorriso.

Una madre è un silenzio pronto a raccogliere le parole nascoste.

È un fiore che vive anche senz’acqua ma una goccia regalata la farà vivere in eterno.

È un pigiama pulito e profumato che ti aspetta ai piedi del letto.

È un piatto pieno.

È una mano in tasca piena di amore segreto.

È uno sguardo a occhi chiusi.

È un sonno sopra le lenzuola.

È l’attesa di un volo.

È una lacrima asciugata.

È il tuo cuore che resta a casa e che in cucina attende la tua felicità.

È il pensiero che ti farà compagnia in ogni passo della tua vita.

È con te sempre, figlio.

Dal web