Una breve riflessione sull’olocausto

È trascorso qualche giorno dalla giornata della memoria. Ho sempre cercato di raccontare ai miei alunni cosa fosse accaduto perché ho sempre creduto che ricordare i fatti atroci dell’Olocausto, avrebbe permesso di non ripetere più gli stessi errori. Sono rimasta molto colpita da ciò che mi ha detto un mio alunno di prima elementare.

Pensava che a causare tutto quel dolore fossero stati i mostri. Lui li immaginava come delle strane creature, magari con tratti di “ anormalità”. È rimasto senza parole quando invece si è reso conto che quei mostri erano assolutamente persone normali, comuni.

Ho cercato di riflettere insieme a lui e alla classe su quanto in realtà il male possa essere banale attraverso le parole della Arendt che trovo illuminante:

Il processo ad Eichmann diede occasione a molti di riflettere sulla natura umana e dei movimenti del presente. Eichmann tutto era fuorché anormale: era questa la sua dote più spaventosa. Sarebbe stato meno temibile un mostro inumano, perché proprio in quanto tale rendeva difficile identificarvisi. Ma quel che diceva Eichmann e il modo in cui lo diceva, non faceva altro che tracciare il quadro di una persona che sarebbe potuta essere chiunque: chiunque poteva essere Eichmann, sarebbe bastato essere senza consapevolezza, come lui. Prima ancora che poco intelligente, egli non aveva idee proprie e non si rendeva conto di quel che stava facendo. Era semplicemente una persona completamente calata nella realtà che aveva davanti: lavorare, cercare una promozione, riordinare numeri sulle statistiche, ecc…
Più che l’intelligenza gli mancava la capacità di porsi il problema delle conseguenze e degli impatti delle proprie azioni.

Ricordiamo perché non accada più, ricordiamo e istruiamo perché i bambini di oggi siamo adulti migliori di noi un domani.

Su queste ultime settimane

Sono settimane che non scrivo sul blog, penso si sia trattato di una specie di blocco dello scrittore o del bisogno di fare silenzio di fronte a ciò che vivo, viviamo quotidianamente. Adesso si è aggiunta anche la follia della guerra come se non ci fossero abbastanza problemi da affrontare… così la mente ed il cuore sono continuamente bombardati dall’orrore di una guerra che poteva certamente essere evitata sotto tutti i fronti. Le vicende storiche del Novecento non hanno insegnato nulla perché in fondo a non essere cambiato è il cuore dell’uomo, il suo lato oscuro fatto di egoismo, predominio, delirio di onnipotenza. Ancora una volta la storia di Caino ed Abele si ripete in una logica di soffocamento ed estirpazione dell’altro. Spero che il tempo di Quaresima, tempo di grazia, possa condurci nel deserto, un luogo dove non c’è nulla se non il caldo torrido della nostra nudità e fragilità. Forse li’ potremmo scoprire chi siamo ed accogliere il mistero dell’altro.

I miei perchè

In queste ultime settimane i miei perchè sono aumentati a dismisura. da oggi la Sicilia è zona rossa e credo che su questa decisione non ci sia nulla da obiettare. Purtroppo, qui, il senso di responsabilità e di rispetto verso gli altri è qualcosa su cui è necessario lavorare. Mi domando però perchè mantenere le scuole aperte. In questi giorni è vero che si è dato il via a una campagna di screening per cercare di capire i numeri reali all’interno della scuola ma è pur vero che l’adesione da parte degli alunni è stata quasi nulla, ragione per cui noi docenti ci troveremo già a partire da domani a dover fare i conti con alunni potenzialmente positivi e con genitori, purtroppo, privi del senso di responsabilità e reticenti nel dichiarare eventuali casi di positività.

Ancora una volta mi chiedo perchè, un punto di domanda che non ha risposta. Sono certa che questo mio intervento si aggiunge ad altre grida inascoltate di persone che, come me, si stanno trovando a fronteggiare una pandemia senza le armi necessarie e senza tutele da parte dei poteri forti.

Che senso ha una zona rossa in queste condizioni?

I figli si perdono già in casa…

Quest’oggi desidero condividere con voi una riflessione che ho trovato sul web e che ritengo possa aiutare a farci riflettere un attimo.

In questi ultimi giorni, a seguito anche del Covid, noi insegnanti ci troviamo costretti a dire i No che i genitori non hanno il coraggio di dire e talvolta, purtroppo, ci troviamo a dover “educare” anche le famiglie, a sensibilizzare continuamente circa la responsabilità personale e altrui per il rispetto delle regole specie in tempi così difficili.

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I figli non si “perdono” per strada. Quella perdita, infatti, inizia dentro casa, con gli stessi genitori assenti, con quella madre che è sempre impegnata, con una montagna di necessità che vengono ignorate e di frustrazioni che non vengono risolte. Un adolescente si allontana dopo un’infanzia satura di distanza e di un amore che non ha mai saputo educare, orientare, aiutare.

Iniziamo chiarendo il fatto che esistono sempre delle eccezioni.Ovviamente, a perdere sono bambini che sono cresciuti in ambienti ricchi di armonia, ma che hanno un comportamento disadattivo oppure adolescenti responsabili che sono riusciti a mettere distanza tra loro e un parente tossico. Esistono sempre alcuni casi che sfuggono alle dinamiche classiche quando ciò che accade giorno dopo giorno in una casa segna in modo irrimediabile il comportamento generale dei bambini.

In realtà, e per quanto possa sembrare curioso, un padre o una madre non sempre riescono ad accettare del tutto questo tipo di responsabilità. Infatti, quando un bambino mostra comportamenti aggressivi a scuola, per esempio, e i professori si mettono in contatto con i suoi genitori, è comune che la famiglia dia la colpa al sistema, all’istituto scolastico stesso e alla comunità scolastica perché “non sanno educare”, perché non intuiscono le sue necessità e non usano le giuste strategie.

Anche se è vero che, per quanto riguarda l’educazione di un bambino, tutti noi siamo “agenti attivi” (scuola, mezzi di comunicazione, organismi sociali…), è la famiglia a piantare e a far crescere nel cervello del piccolo il concetto di rispetto, le radici dell’autostima o il seme dell’empatia.

Scuola di serie A, B, C

Borgo Ulivia, uno spazio verde potrebbe essere una villetta e invece  affonda nel degrado - Giornale di Sicilia

Non è mia abitudine lamentarmi senza che ci sia un reale motivo ma , dopo una settimana di scuola in presenza, mi sono resa conto di quante criticità e problemi ci siano in questo nuovo anno scolastico.

Non è che negli anni scorsi non si registrassero problematiche e carenze, ma quest’anno si è raggiunto veramente il top, specie nelle cosiddette scuole di frontiera, quelle comunità scolastiche di cui nessuno si ricorda nel bene e nel male, quelle realtà invisibili che non si vogliono guardare ma che esistono e che fanno parte della città, della mia città, di Palermo.

E’ facile occuparsi del nuovo anno scolastico scrivendo un meraviglioso articolo in stile libro cuore su una scuola sita in un quartiere della media e alta borghesia. Certo, magari ci saranno altre problematiche.

Ma perchè non interessarsi di quelle scuole, come la mia, dove frequentare è una conquista?

Quando impari a leggere, scrivere e far di conto è un meraviglioso miracolo e ti rallegri quando i bambini si sentono al sicuro tra le mura scolastiche ed imparano che c’è una realtà incredibilmente affascinante da scoprire e che è, o forse dovrebbe essere, per tutti.

Purtroppo, i bambini di certi quartieri sono segnati dalle origini, dal luogo di nascita e provenienza.

A questo c’è da aggiungere che fare didattica con le mascherine non è il massimo. A maggior ragione se le mascherine che ti hanno consegnato sono di un livello infimo a tal punto che non appena le indossi comincia a pruderti il naso e tutto il resto. Poi scopri che non a tutte le scuole sono state consegnate le medesime mascherine. Ad alcuni sono state date le mascherine chirurgiche a cui siamo abituati ma a noi no.

Allora da insegnante, ti chiedi cosa ci fai lì mentre parli di progetti di vita, di speranza, di realizzazione di se stessi, se già la società disfunzionale in cui viviamo ti dice il contrario. Ti sforzi con tutto il coraggio, la buona volontà e affidandosi al Buon Dio, di fare tutto ciò che puoi con ciò che hai, anche se molto spesso ti restano le lacrime e un pugno di mosche.

Mettetevi la mascherina

A tutti quelli che si attaccano alla frase “aveva patologie pregresse” come a una zattera nel mare in tempesta, ricordo che parliamo di un ragazzo le cui fantomatiche patologie pregresse consentivano di svolgere un’attività lavorativa e, non ultimo, andare a ballare e divertirsi in Costa Smeralda come altri coetanei.È morto di insufficienza respiratoria acuta determinata da polmonite interstiziale.Se poi aveva il colesterolo alto o l’unghia incarnita questo non modifica il senso generale del discorso che dovrebbe essere chiaro a tutti.Di Covid si può morire, a qualunque età.Leggo che si muore anche di infarto, e sono d’accordo, infatti esistono le unità coronariche.Ma un cardiopatico che ti starnutisce in faccia non ti fa diventare un cardiopatico.Quindi mettetevi quella stracazzo di mascherina”.-

Marco Mura, medico del reparto di Radiologia dell’ospedale S.S. Trinità di Cagliari

Roberto, Pino e gli altri…

Scrivo queste poche righe con grande tristezza e rammarico per l’uccisione di padre Roberto a Como e mi fa specie il fatto che sia avvenuto proprio oggi, il 15 settembre in cui è stato vigliaccamente ucciso padre Pino Puglisi.

Non ci sono parole da esprimere o discorsi da pronunciare. L’unica parola che mi viene in mente è DISfUNZIONALE. In Italia, da nord a sud, dalle periferie al centro si respira un clima di odio e violenza che temo che andrà solo a peggiorare.

Giungeremo al baratro se non ci diamo una mossa.